BREVE VADEMECUM DEI FILM IN SALA

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Cominciamo con i due grandi film in costume del momento. Mi riferisco a “La favorita” del regista greco Yorgos Lanthimos, approdato da poco sugli schermi e a “Maria, regina di Scozia” dell’inglese Josie Rourke.

Del secondo mi limiterò a dire che, purtroppo, non l’ho ancora visto e che le migliori recensioni lette finora, concordano più o meno tutte sulle imprecisioni storiche e sulle libertà interpretative che riguarderebbero il rapporto tra la regina Elisabetta I d’Inghilterra e sua cugina Maria di Scozia. Sul primo, “La favorita” posso invece dire la mia poiché, facendo un po’ di salti mortali, sono riuscita a vederlo.

Ovviamente, nonostante a me sia piaciuto molto, lo consiglio solo ai fan di questo genere di pellicole e a chi piace scoprire (o riscoprire) pagine di storia (soprattutto quelle meno conosciute) e non certo agli amanti dell’azione o degli effetti speciali.

Qui di guerre si parla molto ma non se ne vedono, almeno non di quelle che si combattono sui campi di battaglia. L’azione si svolge unicamente alla corte della regina Anna di Inghilterra che, per chi non lo sapesse, salì al trono nel 1702 e fu l’ultima sovrana del casato degli Stuart. Poiché non riuscì mai a partorire un figlio vivo (soffriva di una sindrome che le rendeva impossibile portare a termine una gravidanza), le succedette un lontano cugino, Giorgio I del casato di Hannover. Il regno di Anna fu segnato dallo sviluppo del sistema a due partiti: I Tory e i Whig. Lei preferiva i primi, ma la sua amica e consigliera influente e (almeno stando al film) manipolatrice, Sarah Churchill, parteggiava invece per i Whig, ai quali apparteneva suo marito, il Duca di Marlborough, ovvero il più importante condottiero inglese dell’epoca.

Il film è quasi completamente incentrato sul rapporto delle due donne: Anna (interpretata da Olivia Colman), fragile di salute e di nervi, infantile e capricciosa e Sarah (Rachel Weisz), donna di ferro, intelligente, astuta e risoluta manipolatrice, a tal punto da sostituire la regina anche nelle decisioni politiche. Le discussioni tra le due donne (e gli altri consiglieri di corte) vertono spesso, per l’intera durata del film, sull’opportunità di portare avanti la guerra con la Francia (posizione sulla quale è schierata Sarah) o su quella di trattare una tregua, soluzione che la regina preferirebbe (soprattutto per non gravare di tasse il popolo). Ma ad avere la meglio è sempre Sarah, almeno fino all’arrivo di una terza donna, Abigail (interpretata da Emma Stone), che sovvertirà gli equilibri esistenti.

Non bisogna però farsi fuorviare dalla narrazione, incentrata quasi esclusivamente sulle tre donne, poichè Lanthimos intende comunque evidenziare e denunciare la condizione femminile, seppure apparentemente di potere, in un mondo che rimaneva, al di là di tutto, fortemente e rigidamente patriarcale. A metterne in luce questo tratto è per l’appunto la giovane Abigail che, pur essendo una lontana cugina di Sarah, è caduta in disgrazia. E’ dalla sua personalissima storia, infatti, che si capisce davvero quale fosse la condizione delle donne dell’epoca. La poveretta aveva un padre giocatore incallito, il quale (non avendo più nulla da scommettere), pensò bene di mettere in palio sua figlia. Abigail pertanto si ritrovò letteralmente venduta, in giovanissima età, ad un uomo grasso e rozzo che, ripetutamente, abusava di lei.

Per sopravvivere la poverina, dovette trarre da questa vicenda almeno un vantaggio: sfruttare appieno le sue risorse (piaggeria, menzogne e manipolazione) per riappropriarsi di una posizione benestante e di rango, dopo essere decaduta a quella di domestica. Cosa rimaneva d’altronde alle donne dell’epoca se non affilare l’astuzia per sopravvivere?

E che dire della condizione della regina stessa, quasi costantemente rinchiusa nella “gabbia dorata” della su stanza, con diciassette conigli che teneva in ricordo di altrettanti figli deceduti prematuramente o nati già morti? La sua condizione, non certo invidiabile, nonostante la sua posizione, ci ricorda, ancora una volta, come erano considerate le donne a quei tempi: regine o popolane che fossero, trattate alla stregua di incubatrici atte a sfornare eredi, possibilmente uno dietro l’altro. Diciassette aborti in una vita (al pari di diciassette parti), avrebbero debilitato qualsiasi donna, minandone la salute fisica e mentale, per non parlare poi dei tanti lutti. Certo era normale, per quei tempi, fare molti figli perché le condizioni mediche e igieniche insufficienti causavano decessi infantili a più non posso, ma intanto, le donne erano condannate a una vita di gestazioni e parti quasi continui.

Ma cambiamo pagina. Per chi se lo fosse perso, è ancora in programmazione, dopo molte settimane, Bohemian Rapsody, il film di Bryan Singer che racconta la vita di Freddie Mercury, il geniale front man dei Queen. Anche in questo caso sembra che il film si prenda grandi libertà e che sia pieno di inesattezze, per le quali sono nate, soprattutto sul web, moltissime controversie, discussioni e addirittura polemiche.

Non voglio addentrarmi però in questo groviglio poiché non ho mai seguito molto da vicino gli accadimenti relativi al gruppo in questione. Intendiamoci, la loro musica mi piace, anche molto,  ma non sono mai stata una loro fan sfegatata, quindi non mi addentrerò nelle questioni personali, biografiche.

Il film è, di fatto,  godibilissimo anche se nutro delle riserve sulla scelta dell’attore che interpreta Freddie Mercury (Rami Malek). Intendiamoci è bravissimo ma davvero troppo poco somigliante. Intanto è molto esile mentre Mercury era un tipo tutto muscoli e poi gli hanno accentuato fin troppo i denti sporgenti. E’ vero che Mercury aveva questo difetto, ma non così eccessivo e poi aveva lineamenti del viso più belli e più marcati, che gli conferivano, per altro, un’espressione molto più decisa e sfrontata. Strano perché di solito succede l’esatto contrario. Infatti gli attori scelti per interpretare gli altri componenti della band, erano decisamente più belli, anche rispetto agli “originali”… soprattutto se parliamo di Gwilym Lee che, nel film, interpreta Brian May e Ben Hardy, nei panni di Roger Taylor.

Quello che mi è piaciuto, infine, di questo film è che si focalizza molto bene sulla parabola ascendente che porta al successo Mercury. Lo fa mostrandoci molto chiaramente come sia difficile, per un giovane ragazzo di umili origini, ritrovarsi a gestire un successo mediatico enorme e quasi improvviso.

Da non perdere assolutamente anche “Green Book” di Peter Farrelly con Mahershala Ali e un irriconoscibile Viggo Mortensen, nei panni di un italo-americano piuttosto grezzo e un po’ bolso (Tony Vallelonga) che di norma, nella vita, fa il buttafuori nei locali notturni. A fargli da contraltare il colto e raffinato pianista di colore Donald Shirley, interpretato appunto dall’altrettanto versatile Mahershala Ali. Il rapporto tra i due (all’inizio abbastanza conflittuale) è calato, oltretutto, nell’atmosfera razzista degli Stati Uniti degli anni ’60, in particolare ovviamente quelli del sud. A peggiorare il tutto, è che, in realtà Donald Shirley ingaggia Tony per fargli da autista in un tour di concerti in giro per una parte di America, in cui i neri erano ancora molto poveri e ghettizzati e nessuno poteva neanche lontanamente concepire di poterne vedere uno vestito elegantemente e che per di più si facesse scorrazzare da un autista bianco.

Quasi tutti questi film puntano direttamente agli Oscar: “La Favorita” ha ben 10 candidature mentre Bohemian Rapsody e Green Book,  5 e, nel frattempo, hanno già portato a casa svariati altri ambiti premi.

Chiudiamo, questo breve escursus con “La donna Elettrica” dell’islandese Benedikt  Erlingsson, ancora “recuperabile” in alcune sale . Si tratta della storia di Halla, un’ecoterrorista di quarant’anni circa, impavida e insospettabile che, quasi esclusivamente da sola porta avanti la sua personalissima lotta contro un’industria locale, altamente inquinante. Munita solo di arco e frecce, Halla si avventura nelle lande semidesertiche islandesi, e prende di mira i pali dell’alta tensione e i fili elettrici, per lasciare al buio i cantieri della suddetta azienda. E’ abilissima anche ad eludere chi le dà la caccia, riuscendo persino, in una circostanza ad abbattere, con la sua mira, un drone. Un film davvero interessante che esula da ogni prevedibile schema e immaginazione

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