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PANE SOSPESO

Recentemente su queste pagine abbiamo parlato del “caffè sospeso” per i meno abbienti, che da Napoli si è diffuso in certi bar della Penisola. Ora, a questa iniziativa se ne affianca un’altra simile, quella del “pane in attesa”, messa a punto da tredici studenti (20-28 anni) del corso di Psicologia della comunità dell’Università di Padova che hanno deciso di concretizzare gli insegnamenti del loro corso di studi. La cosa funziona così: gli studenti, col patrocinio di Comune e della coop “Il raggio verde”, hanno chiesto alle panetterie della città che i loro clienti possano lasciare pagata una pagnotta per chi non ha i soldi per comprarla. Per ora hanno aderito una ventina di panifici.

L’esordio è stato un po’… timido e si spiega col fatto che la comunicazione di questa sollecitudine sociale è giocoforza limitata; sopra tutto, col pudore delle persone: non è facile entrare in un negozio e chiedere del “pane in attesa”, denunciando in questo modo di non possedere i soldi per comprarlo, senza un po’ vergognarsi.

Provvidenzialmente, è il caso di dirlo, l’iniziativa degli studenti di Padova non è isolata. A Messina, per esempio, da qualche mese succede qualcosa di simile in quattro forni della città. A Lecce, il “pane in attesa” è un’iniziativa dell’assessore alla Protezione civile. Proposte analoghe, ceste da riempire sui banchi delle drogherie, sono segnalate da altre città del Meridione: Siracusa, Sassari, Ozieri, Monserrato, Trapani… La primogenitura dell’iniziativa del “pane sospeso”, però, è rivendicata dal capoluogo partenopeo, in particolare da alcuni fornai riuniti nell’Unipan, l’associazione panificatori della Campania. Dopo aver comprato il pane, al fornaio si lascia un’offerta che può essere anche di pochi centesimi. I soldi sono tenuti da parte e quando si presentano persone in difficoltà, il panettiere, con discrezione, prepara un sacchetto con il pane.

Da qui in poco tempo l’idea del pane sospeso si è propagata a macchia di leopardo anche nel Nord Italia. A San Felice del Benaco, piccolo paesino sulle sponde bresciane del Lago di Garda, l’associazione San Felice Più Felice ha lanciato l’iniziativa che vuole aiutare le famiglie e le persone in modo concreto. «Perché – spiegano i promotori – partendo dal pane si potrebbe ampliare l’iniziativa anche ad altri esercizi commerciali con altri prodotti di prima necessità. Il “pane sospeso” è un’iniziativa a costo zero per i commercianti e rappresenta un modo per esprimere solidarietà e fare comunità”. A San Colombano al Lambro, invece, a offrire pane sospeso è lo stesso proprietario della panetteria pizzeria del paese in provincia di Milano. «Ogni giorno metto a disposizione 5 chili di pane fresco naturale lavorato da me – come ha spiegato Carmine Buro al quotidiano Il Cittadino di Lodi -. Lo faccio grazie alla collaborazione di alcuni fornitori a cui ho raccontato l’idea e che mi hanno appoggiato. Tanta gente entra e chiede di segnare, poi a fine mese magari non riesce a pagare. Quando ho visto che la situazione era diventata davvero allarmante, allora ho iniziato a mettere a disposizione del pane per chi ha bisogno, e lo faccio nel rispetto delle norme: ho contattato la finanza, mi sono fatto spiegare come fare, ed emetto lo scontrino per tutto il pane che esce dal negozio». In Piemonte, a Nichelino, la panetteria “Non solo pane” di via Torino 54 è stata la prima ad aderire all’ iniziativa di conservare del pane per chi non può comprarselo: un cartello appeso alla porta del negozio invita i clienti e i passanti a un atto di generosità: con un minimo di cinquanta centesimi in più rispetto alla propria spesa, si assicura un sacchetto di pane “sospeso” a chi è in difficoltà.

La cosa pare essere piaciuta anche all’estero; in Francia l’iniziativa sta contagiando varie città: da Lille a Nantes, da Bordeaux a Lione, da Brest a Rouen.

Segnale di povertà crescente? Probabile: l’Istat denuncia oltre 4,8 milioni di nostre famiglie in condizioni di povertà assoluta; la Coldiretti dichiara che il consumo di pane è ai minimi storici e che il 42 per cento degli italiani mangia quello del giorno precedente. Di certo è un segnale civile  dell’aumentato senso di responsabilità sociale.

 

ARRIVA PER “APP” IL PANE AVANZATO

Mentre scrivevamo di “pane sospeso”, un’altra notizia sul tema apparsa sui quotidiani il 2 luglio ci ha scaldato il cuore: si chiama “Breading” l’applicazione per smartphone e tablet (no profit) che permette di far incontrare domanda e offerta di pane. Realizzata da quattro neolaureati in Marketing all’università Cattolica di Milano, l’applicazione potrebbe fare da apripista nel contrastare lo spreco alimentare (180 quintali di pane al giorno solo a Milano!). Il progetto, attualmente in fase di  sperimentazione a Milano e a Bergamo, prevede che il panettiere aderente all’iniziativa a fine giornata segnali tramite sms alle associazioni di quartiere le quantità invendute, dando loro modo di ritirare il pane residuo e distribuirlo in serata alle mense e a chi non può comprarlo.

Presentata al vice ministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero, l’iniziativa ha riscosso la sua approvazione, tanto che ha commentato: «Sarebbe bello condividere i risultati della sperimentazione di “Breading” anche con le associazioni del Terzo settore che assicurano pasti quotidiani, come il Banco alimentare, Sant’Egidio e la Caritas». Il vice ministro ha quindi aggiunto: «Credo che sarebbe importante che proprio a Milano, in occasione di Expo 2015, si incominciasse a utilizzare questa app. Sarebbe un modo civile e solidale per dare concretezza all’aspirazione di Expo 2015: nutrire il pianeta». Al momento, “Breading” si basa sulla generosità dei panettieri; secondo il vice ministro, un incentivo a svilupparsi e diffondersi più efficacemente per affrontare un problema così importante realizzando nel contempo un’economia civile potrebbe essere quello di in qualche modo remunerarli.

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