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L’AMORE IN UN CLIMA FREDDO

Zio Davey era il mio unico contatto con il mondo. Non il mondo delle delle signorine pane e burro, ma il mondo vero, grande e corrotto. Entrambe le mie zie vi avevano rinunciato in giovane età, tanto che per loro era diventato un luogo irreale, mentre la loro sorella, mia madre, era da tempo scomparsa tra le sue fauci.
Davey invece lo guardava con moderata simpatia e spesso partiva per brevi escursioni da scapolo da cui rientrava con un mucchio di aneddoti interessanti”.

Sono più o meno di questo tenore le descrizioni che Fanny (la protagonista de “L’amore in un clima freddo” di Nancy Mitford – Adelphi), usa per raccontarci la sua “piuttosto strampalata” famiglia nonché il suo entourage composto da personaggi altolocati della campagna inglese (con tanto di “Sir” davanti al nome) e pittoreschi individui “alla moda” provenienti da Londra e Parigi.

Ma i dialoghi, in bilico tra lo stile di Evelin Waugh e quello di Elizabeth Von Arnim, sono ben più brillanti delle descrizioni, seppur talvolta feroci o “sprizzanti veleno”.

Siamo dunque in Inghilterra negli anni tra le due guerre e a raccontarci come vanno le cose è appunto Fanny, una giovane donna prossima al debutto in società che vive con gli zii, poiché la madre, soprannominata “la fuggisca” ha divorziato dal marito ed è fuggita con un altro uomo, dando, ovviamente, scandalo. Al centro della scena campeggiano, però, gli impossibili e aristocratici Montdore appena rientrati da cinque anni in India. Qui Lord Montdore “ricchissimo e aristocraticissimo, ma congenitamente stolido”, era Viceré.

A controbilanciare la sua placida ottusità, c’è in compenso la moglie Sonia, di natali molto meno illustri, ma avida di potere e gioielli nonché maniaca del controllo e astuta manipolatrice. “Era quello il segreto del suo fascino. Proprio quando sembrava che stesse per azzannarti alla gola diventava improvvisamente gentile; il fascino di un puma che fa le fusa”.Così viene descritta.

E ancora: Non la sentii mai usare l’appellativo ‘mio marito’. Lo chiamava sempre Montdore con quelli che considerava suoi pari, ma con le persone ai margini della sua cerchia, come il fattore o il dottor Simpson, lo definiva Lord Montdore se non addirittura Sua Signoria… faceva parte di quell’atteggiamento verso la vita che la rendeva generalmente poco amata, quella ferrea volontà di mettere tutti al loro posto e di tenerceli”.

E poi la bellissima ma gelida ed eccessivamente riservata Polly, coetanea ed amica di infanzia di Fanny, stranamente indifferente verso i giovani blasonati e aitanti che, invece, la assediano.

Intorno a loro, come veri e propri avvoltoi, si muovono personaggi più o meno titolati, ma ben più squattrinati, proprietari di castelli per lo più fatiscenti con casseforti piene di vecchi gioielli e cimeli di famiglia ma, come fa notare Natalia Aspesi, “senza una sterlina da spendere per il riscaldamento” e, aggiungerei, per qualsiasi altro tipo di comfort. Tutti ovviamente ansiosi di essere ospitati nella confortevole tenuta dei Montdore, tra le poche già dotate di un impianto di riscaldamento, ma anche di tavole imbandite con ogni prelibatezza e di un entourage tra i più pettegoli e sempre aggiornato sugli ultimi scandali.

Tra questi, il più eclatante, sarà proprio quello della bella e, apparentemente, imperturbabile Polly che, “cresciuta in una scuola delle emozioni molto dura…con una madre decisa a scoprire ogni suo pensiero e a plasmarlo secondo il suo volere”, sceglierà di farsi impalmare dal vecchio zio, Boy Dougdale, già amante proprio di sua madre.

Avendo osato insidiare l’amante della madre, la povera Polly sarà diseredata e finirà (come facevano all’epoca, quasi tutti i nobili caduti in disgrazia), per andarsene all’estero, pur di continuare a vivere senza dover lavorare, con rendite piuttosto esigue. La attenderanno così anni di infelicità e isolamento con un marito anziano e donnaiolo nella Sicilia dei primi del ‘900.

A sostituirla, nella campagna inglese arriverà , invece, suo cugino Cedric, giovane omosessuale eccentrico e brillante, con nuove mode al seguito e nuove sfavillanti abitudini parigine (adorabili per alcuni, ma disdicevoli per i più). Il suo arrivo rivoluzionerà soprattutto la vita di Ledy Montdore che fino a quel momento “aveva mantenuto il suo aspetto edoardiano per rimarcare la sua superiorità sulle donnine eleganti ed effimere” e che, pur essendo riuscita a mettere le mani su autentiche porcellane con il monogramma della regina Maria Antonietta (di inestimabile valore), non spendeva un quattrino per la biancheria intima (ostinandosi ad usare quella del marito) o per il trucco (in borsa teneva “un rossetto da quattro soldi e un pettinino verde senza un dente”).

Ma se i nobili sono ritratti, seppur spassosamente, in tutti i loro peggiori aspetti, nulla viene risparmiato alle famiglie borghesi e ai “nuovi ricchi” per lo più tediosi e moralisti, che trovano sempre tutto troppo “disdicevole”.

Il romanzo si ispira alla vita e alla famiglia dell’autrice. Nancy Mitford aveva, infatti, cinque sorelle che, a vario titolo, scandalizzarono,con una certa regolarità, l’oponione pubblica dell’epoca in cui vissero. Non a caso Feltrinelli ha pubblicato una biografia a cura di Emily Guicovaty che si intitola appunto “le stravaganti sorelle Mitford”.

 

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Titolo originale del suddetto romanzo: Love in a cold climate

 

 

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