E’ possibile tenere insieme fede cattolica e femminismo? Michela Murgia pensa di si e per questo motivo ha scritto un saggio di ben 152 pagine, recentemente pubblicato da Einaudi, che si intitola “God save the queer” ovvero “Il catechismo femminista”.
In qualità di femminista e di credente la nota scrittrice si pone alcune domande su come ad esempio, “conciliare le proprie certezze spirituali con il dubbio di stare collaborando al mantenimento di un’istituzione maschilista millenaria che pratica la discriminazione nelle sue stesse strutture prima ancora che nella sua dottrina”
Non è una domanda che pone solo a se stessa o alle altre donne, ma ad ogni credente poiché “tocca l’idea del Dio che condividiamo, ben prima di quella che abbiamo di noi singolarmente”.
A porsi tali domande sono, infatti, anche le persone credenti LGBTIAQ+ e chiunque debba fare compromessi tra la propria coscienza e i precetti dottrinari in merito ad esempio, ad aborto, sesso non generativo, fecondazione assistita, eutanasia etc.
“L’idea di Dio che la mia Chiesa professa” si chiede quindi la Murgia, “include la mia libertà o la nega? E’ un’idea che mi condanna o mi accoglie? Mi giudica o mi ascolta?”
Per rispondere è necessario capire quali aspetti della vita e della fede siano davvero in contraddizione e, soprattutto se certi insegnamenti non siano semplicemente un’eredità storica da ridiscutere ogni giorno alla luce del Vangelo e della propria intelligenza.
D’altronde, lo stesso Dio dei cristiani è contraddittorio: è divino ma anche umano, è uno ma anche trino, è misericordioso e al contempo giusto.
L’intento della scrittrice nell’affrontare un tema così particolare e complesso è rivelato già nell’introduzione. Scrive, infatti, “Vorrei capire, da femminista, se la fede cristiana sia davvero in contraddizione con il nostro desiderio di un mondo inclusivo e non patriarcale o se invece non possa dimostrarsi addirittura un’alleata. Da cristiana, confido nel fatto che anche la fede abbia bisogno della prospettiva femminista e queer” specifica inoltre “perché la rivelazione non sarà compiuta fino a quando a ogni singola persona non sarà offerta la possibilità di sentirsi addosso lo sguardo generativo di Dio mentre dichiara che quello che vede è cosa buona”.
La Murgia fa notare che, nonostante la religione cattolica sia stata, per sua organizzazione interna e per fattori politici, misogina ed escludente, il messaggio di Gesù è fortemente inclusivo. Cristo non classificava le persone in base al loro orientamento sessuale, così come non le classificava in base al loro ceto o alle loro ricchezze.
Partendo dalla rilettura del Credo e attingendo alla propria esperienza personale, l’autrice dimostra non solo di conoscere bene le Sacre Scritture, ma fornisce anche, gli strumenti per affrontare alcune antinomie, mostrando “come la pratica della soglia, che rigetta l’appartenenza a un unico recinto, cioè la queerness, sia una pratica cristologica. Accettarla come tale significa riconoscere che «il confine non ci circonda, ma ci attraversa, e che quel che avvertiamo come contraddizione è in realtà uno spazio fecondo di cui non abbiamo ancora compreso il potenziale vitale”