REPORTAGE DI GUERRA

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5w pubblica un racconto, ispirato da racconti e da memorie, a firma di una nostra giovane collaboratrice.

 

Lupo si mise a sedere. Il sole stava terminando il suo percorso nel cielo e tutti dormivano. La notte precedente il comandante Enzo aveva separato la sua banda per nascondersi durante il giorno. E così Lupo, Terramare ed alcuni altri compagni si erano andati a nascondere in una vecchia stalla vuota e fredda. Lupo sapeva di dover rimanere nascosto. Era meglio continuare a dormire fino alle prime note del buio. Ogni giorno era in bianco per lui. Ma non amava quei momenti in cui gli unici rumori erano lo sbattere forte del vento contro gli ostacoli e i respiri dei suoi compagni. In quei momento il suo pensiero si spingeva lontano, in un paesaggio familiare e accogliente, a pochi chilometri da Novara, quando la guerra non l’aveva ancora reso grigio, buio e triste. Il suo sguardo si spingeva alla casa dove era cresciuto, alla sua famiglia e alla sua amata, bella Marianna. E al solo pensiero di lei gli affiorò il sorriso sulle labbra. I suoi lunghi capelli biondi, gli occhi castani, le guance vive e rosee. Chissà cosa la guerra aveva cambiato in lei? Ormai erano trascorsi sette mesi da quando l’aveva vista l’ultima volta. Terramare si svegliò sbadigliando. Anche quelle piccole mosse non intenzionali erano divenute silenziose e nascoste. La felice brezza di casa gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo e adesso era arrivata l’ora dell’adunata con il comandante Enzo.

Svegliarono gli altri compagni e si prepararono ad uscire dal loro nascondiglio. Il vento subito li sferzò forte e violento come una lama, provocando brividi familiari ai ragazzi. Terramare li guidava. Lupo si era affezionato molto a lui. Essendo Lupo tra i più giovani, aveva trovato di grande esempio Terramare. E da sette mesi a questa parte ogni azione l’avevano compiuta insieme.

Arrivati al punto d’incontro vi erano solo il comandante e due altri compagni. Il comandante mostrò loro il piano che quella notte avrebbero messo in atto. Depositate a circa due ore di cammino da lì vi erano casse e casse di armi arrivate dalla Germania. Loro le avrebbero fatte saltare in aria. Sarebbero bastate poche bombe a mano per far saltare tutta quella polvere da sparo. Ma il rischio era grosso. Le armi erano controllate da un gran numero di guardie. Perciò, come prima di ogni missione, Enzo chiese loro se davvero volessero correre quel rischio. Ma  nessuno ci ripensò.

Camminarono per circa due ore nel buio ricontrollando i dettagli, quando poi delle ombre iniziarono a distinguersi. Man mano che si avvicinavano alla meta diventavano sempre più attenti e alcuni di loro si nascondevano lungo il tragitto per coprire le spalle ai compagni. Osservarono le casse da distante, poi due ragazzi si allontanarono per fungere da esca. Quando, al rumore provocato da loro, una parte delle guardie si allontanò, così Terramare si preparò ad agire.

Iniziò ad avanzare lasciando indietro Enzo e Lupo, che con le armi accompagnarono i suoi movimenti, puntandole alle guardie. Quando Terramare fu abbastanza vicino, Enzo sparò alle prime due sentinelle vicino alle casse, mentre Lupo colpì l’ultima, sapendo che quella notte si sarebbe disperato per ciò che aveva commesso.

Terramare era arrivato davanti alle casse, bastava togliere la sicura alle bombe a mano e…

Una folla di 15 fascisti armati tornarono correndo dal nero del bosco. Puntarono dritto a Terramare, un attimo dopo che lui strappò la sicura e lanciò la bomba provocando un’immensa esplosione. Lupo urlò, anche se le sue urla sembravano  mute in quell’esplosione. Senza nemmeno pensarci si lanciò verso Terramare, che adesso arrancava per terra, ricoperto di sangue. Arrivato al suo fianco sapeva che era troppo tardi e Terramare non fece neanche in tempo a dire un’ultima parola, ma chiuse gli occhi per non aprirli più. Mentre le urla gli bruciavano la gola, i fascisti lo raggiunsero, presero la mira e spararono prima di essere colpiti a loro volta da Enzo, che ora era alle spalle di Lupo. Ma lui quasi non se ne accorse, mentre ancora si contorceva con negli occhi il corpo privo di vita di Terranova. Enzo prese Lupo dalle braccia e con la forza lo portò via dal fianco di Terramare. Lo trascinò facendolo correre il più in fretta possibile verso la boscaglia, verso il buio, per quanto in fretta possa andare un uomo con una pallottola nella gamba. Corsero con alle spalle i fascisti, che si avvicinavano sempre più. Raggiunsero il buio del bosco e Enzo spinse Lupo quasi sotto alla radice di un grande albero, per poi nascondersi a sua volta.

Trattenendo le urla provocate dal dolore fisico e mentale, Lupo attese il passaggio dei fascisti e quando non vi fu più nessuno si strappò parte della camicia e la legò intorno alla gamba, come gli era stato insegnato e, sfinito, si addormentò. Quando fu quasi l’alba, Enzo raggiunse Lupo, gli si mise accanto e cambiò il pezzo di stoffa intriso di sangue con parte della sua camicia. Poi, sempre nascondendosi poichè era quasi giorno, raggiunsero il resto della banda. Lì c’era una partigiana, accorsa sapendo che qualcuno era rimasto ferito. Nascosti in una stalla lei medicò Lupo, che provò il dolore più terribile che avesse mai affrontato. Il dolore fisico della ferita e quello più bruciante per la morte dell’amico. E poi si addormentò con le fiamme sulle palpebre e il fumo nelle narici.

Immagine di Vincent Teriaca

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