MA CHE BEL CASTELLO…

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castello sforzescoMilano ha il raro dono di nascondere le sue bellezze. O quanto meno di sciuparle. Monta in questi giorni in città la polemica sulle strutture architettoniche piramidali destinate a ospitare, davanti al Castello Sforzesco, nel bel mezzo dell’opera di Giovanni Antonio Antolini (Castel Bolognese 1753 – Milano 1841), architetto noto soprattutto per la grandiosa ideazione del Foro Bonaparte a Milano: un complesso urbano, straordinariamente unitario nella concezione e caratterizzato da una gigantesca piazza circolare, che sarebbe dovuto diventare il principio della città moderna. Sono in fase avanzata di costruzione due piramidi (al momento solo tralicci in travi metalliche, poi facciate in vetro) che occupano, annullandola, la prospettiva architettonica di chi, dalla via Orefici (prossima alla piazza del Duomo) guarda verso il Cordusio con la statua del Parini, lascia correre lo sguardo lungo i palazzi ottocenteschi di via Dante verso il largo Cairoli con il monumento equestre a Garibaldi e, più in là, abbraccia con la vista le mura e il maestoso ingresso del Castello, appena ‘coperto’ dalla antistante circolare fontana d’i Spus, degli sposi, come affettuosamente la chiamano ancora i vecchi milanesi, per la sua rassomiglianza con la classica torta nuziale.

Ora questa prospettiva è preclusa dalle due piramidi, e lo sarà sino alla conclusione di Milano Expo 2015. Una costruzione temporanea che ha scatenato la riprovazione di due critici d’arte di sensibilità diverse, ma concordi nel denunciare il danno estetico perpetrato: Vittorio Sgarbi (“Una follia”) e Philippe Daverio (“Sembra l’opera di un architetto che non è mai stato a Milano”), entrambi ex assessori in giunte comunali e in epoche diverse. Un vizio, dicevo, quello cittadino di nascondere le sue bellezze, intrapreso da archistar che, per dirla sempre con Daverio “sembrano venire da un altro pianeta”. Chi non ricorda le polemiche perenni del cubo-monumento a Pertini, fontana monumentale formata da un podio chiuso su tre lati da pareti in pietra, progetto di Aldo Rossi, prospetticamente compreso tra l’hotel di Giorgio Armani e il Città di Milano, che dal 1990 impedisce a chi guardi da via Montenapoleone la vista su un elegante antico palazzo cittadino che vi fa da sfondo?

Vogliamo parlare della piazza che ospita “L’ago e il filo” e la facciata con annesse tettoie che ricopre la facciata della Stazione ferroviaria Nord di piazza Cadorna, progetto ispirato ad analoghe soluzioni di Bruxelles e Strasburgo, realizzate prima là che qua dall’archistar Gae Aulenti? (A Strasburgo, per individuare la stazione liberty fasciata in una struttura ‘a nido’, bisogna rivolgersi ai passanti).

Potremmo proseguire ricordando anche le polemiche che hanno accompagnato le scelte dell’architetto Mario Botta per il suo intervento sul Teatro alla Scala (Piermarini, I776-1778), oggetto di un acceso dibattito soprattutto relativamente all’impatto estetico dei due nuovi, massicci volumi: le torri scenica ed ellittica.

Ma torniamo alle nostre Expo-piramidi che oscurano il Castello e la torre del Filerete. Mi par già di sentire la contropolemica: “Anche a Parigi c’è la Tour Montparnasse costruita sulla sede della vecchia omonima stazione nel 1973 (i parigini contrari – oggi assuefatti  alla sua presenza –  la indicavano come la merde, nda) e il Louvre, il Louvre! davanti alla facciata ha la piramide di vetro dell’architetto sino-americano Ieoh Ming Pei; e allora?”.

Allora noi, due!

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