LA PAROLA, IL CIBO E IL VOTO

616

Alzi la mano chi non ha mai detto almeno una volta, o a cui almeno una volta non è stato detto “parla come mangi!”. Ebbene, questa espressione – che usiamo con le persone cui di solito diamo del tu – è, come sappiamo, un invito a esprimere un concetto facile senza utilizzare “giri di parole” molto complicati, incomprensibili e confusionari.

Oggi però, il gesto di “mangiare” si è arricchito di un ulteriore significato: “vota come mangi”. È quanto si legge in una pagina pubblicitaria apparsa su un quotidiano a tiratura nazionale. Di fatto, lo slogan spiega il messaggio dell’annuncio: invito a eleggere i prodotti migliori scegliendo tra quelli proposti da un produttore famoso che sta lanciando una sua propria linea di ristorazione e di vendita al pubblico di alimenti “di nicchia”. Un’operazione di marketing, dunque.

Però per un istante un dubbio ha fatto capolino: e se invece vota come mangi volesse dire vota secondo pancia, secondo cioè quel che ti piace di più, che ti è più gradito, proprio come facciamo tutti noi col nostro cibo?

Perché, diciamocela tutta, il voto che gli elettori esprimono – diritto politico per eccellenza – non è affatto esente da conflitti e fratture nella società (in sociologese cleavages,: divisioni politiche, disparità d’opinione) né dall’influenza delle caratteristiche sociodemografiche dei votanti: età, genere, istruzione, composizione familiare, dimensione geografica eccetera. Se, dunque, il pubblicizzato “vota come mangi” fosse un ulteriore punto sociologico da tenere presente in campagna elettorale, dovremmo allora considerare “target di riferimento” ovvero probabili bacini elettorali i consumatori di pasta, quelli di riso, i carnivori, i vegetariani, i vegani, gli ingordi, gli inappetenti, gli appassionati di dolci (occhio, perché anche qui il target si divide a sua volta in rustici, moderni, radical e fashionisti, secondo una ricerca Cameo del 2014). Se davvero fosse così avremmo, credo, una spiegazione plausibile di tanti risultati elettorali.

Che dite, sarà per questo pensiero che a Napoli tanti anni fa – gli elettori meno giovani lo ricorderanno certamente – il candidato sindaco Achille Lauro, “O’ comandante”, distribuiva pacchi di pasta ai suoi concittadini prima delle elezioni?

 

Immagine: Alberto Sordi – “Un americano a Roma” (1954)

Articolo precedenteIOLAVORO, IL 24 E 25 OTTOBRE A TORINO
Articolo successivoKATHMANDU: BEST IN TRAVEL 2019