DELLE STATUE E DEI MONUMENTI

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Un tempo, davanti a fatti che in taluni suscitavano indignato stupore, era uso buttar là un commento inelegante sulla madre degli scriteriati protagonisti: sempre gravida.

Il fatto cui accenniamo: il rifiuto di esporre in piazza Eleonora Duse nella centrale Porta Venezia a Milano una statua di giovane madre intenta ad allattare il suo neonato fosse accaduto a quei tempi, probabilmente si sarebbe guadagnato anch’esso quella ironica espressione popolare. Autori del rifiuto: i componenti tecnici comunali e della soprintendenza delle Belle Arti della Commissione (solo) consultiva milanese, cui spetta valutare in base al regolamento le “proposte di collocazione di manufatti artistici negli spazi pubblici”. Proposta respinta in quanto “la scultura rappresenta valori rispettabili ma non universalmente condivisibili da tutti cittadini”.

Una statua (deriva dal latino statuĕre: «collocare, innalzare»), come si sa da sempre, è realizzata e ‘collocata’ proprio in quanto simbolo celebrante il concetto-idea che sta alla sua origine. Nel caso di cui parliamo, forse a giudizio di alcuni può essere non condivisibile “universalmente” l’esposizione di una coppia di turgidi seni femminili nell’atto materno dell’allattamento. Tutto ciò, peraltro, accade in una città dove le statue dedicate a donne sono solo quattro su centoventi e dove la pubblicità commerciale ostenta quotidianamente seni e glutei femminili. Decisione e motivazione che, oltre a suscitare polemiche, rischiano di costituire una prova autoritativa dell’istituzione cittadina preposta a ciò. Scrive sul quotidiano di informazione politica e giudiziaria Il Dubbio dell’8 aprile la giornalista e politica ex assessore Tiziana Maiolo: temiamo che dietro la censura di quella scultura “a Milano ci sia  un insieme di misoginia, paura della maternità, del corpo della donna e della nudità del suo seno, esposto mentre la madre nutre il suo bambino”.  Forse inteso come parziale risarcimento, è giunta la disponibilità del Senato e della Regione Lombardia a ospitare l’opera in bronzo “Dal latte materno veniamo” scolpita da Vera Omodeo è stata donata alla città.

A proposito di seni muliebri. Il seno femminile oltre che come emblema di fertilità è stato sempre interpretato come simbolo di femminilità e sensualità. Dal paleolitico in poi come dimostrano i seni prominenti della Venere di Willendorf risalente al 30.000 – 25.000 a.C., le concezioni estetiche e l’interpretazione pubblica spesso ne hanno mutato la percezione.  Risalendo più vicino a noi, è noto che dopo la Grande Guerra piazze e viali di molte nostre città hanno conosciuto un incremento esponenziale di monumenti, statue, effigi celebranti la Vittoria. Nella produzione artistica pittorica e scultoria dell’epoca, ricordiamo, è spesso l’immagine stessa della madre patria Italia a venire raffigurata a busto scoperto. E se stretti a coorte, anziché dalla corona turrita che le cinge la testa i fratelli d’Italia sono allettati dal suo discinto seno, pazienza. Tutti figli suoi sono.

img. Venere di Milo – Louvre

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