ANCHE LA BAROCCA TORINO HA I SUOI ECOMOSTRI

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Torino, città dal glorioso passato industriale e culturale, sta diventando sempre più vittima di una forma di violenza architettonica che potremmo chiamare “eco-mostruosità”. Negli ultimi decenni, il capoluogo piemontese è stato deturpato da una serie di edifici che non solo offendono il paesaggio urbano e la storia cittadina, ma spesso si presentano come monumenti all’inefficienza e alla cattiva pianificazione.
Piazzale Valdo Fusi e il Palazzo degli Affari:
il simbolo dell’abbandono
Uno dei casi più eclatanti è Piazzale Valdo Fusi, situato nel cuore di Torino, un’area che doveva rappresentare un esempio di modernità e fruibilità per i cittadini. Oggi, invece, è un monumento al degrado urbano. Con il suo parcheggio sotterraneo semi-deserto e una piazza sovrastata da una struttura discutibile, appare più come una zona abbandonata che un’area rigenerata. La progettazione, con le sue superfici in cemento e una scarsa attenzione all’integrazione con l’ambiente circostante, lo ha trasformato in un luogo alienante, freddo e privo di identità. Un punto di aggregazione che non aggrega nessuno.
A peggiorare ulteriormente la situazione di questo luogo dimenticato, sorge il Palazzo degli Affari, un vero e proprio “eco-mostro” architettonico che troneggia in Piazzale Valdo Fusi. Costruito per ospitare uffici e convegni, oggi è per lo più inutilizzato, uno scheletro di cemento e vetro che incombe sull’area con la sua mole pesante e poco ispirata. Anziché essere un centro pulsante di attività, è un altro triste esempio di come la cattiva pianificazione possa generare spazi vuoti, inutilizzati e privi di attrattiva.
Il Vecchio Palazzo della Regione davanti al Duomo: offesa alla storia
C’è un edificio che più di tutti rappresenta l’arroganza della pianificazione urbanistica torinese degli anni passati: il vecchio Palazzo della Regione, situato davanti al Duomo. Questo edificio, costruito negli anni ’60, è una vera e propria aggressione visiva al cuore storico della città. In una zona che dovrebbe respirare storia e arte, troneggia questa struttura massiccia e anonima, un blocco di cemento grigio che stona completamente con l’ambiente circostante, minacciando il Duomo con la sua sola presenza.
Si parla da tempo di una sua demolizione o riqualificazione, ma nulla di concreto è stato fatto, e intanto Torino resta con questo pugno nell’occhio architettonico nel suo cuore più antico e prezioso. Perché si continua a permettere che monumenti al cemento e all’inefficienza burocratica soffochino l’anima della città?
Il nuovo Palazzo della Regione di Fuksas: modernità senza Identità
Se il vecchio Palazzo della Regione rappresenta il passato di un’architettura sbagliata, il nuovo Palazzo della Regione di Massimiliano Fuksas è il simbolo di un futuro che non impara dai propri errori. Quest’opera, con la sua forma stravagante e la sua estensione fuori scala, è un esempio di architettura autoreferenziale, che sembra voler stupire più che servire. È una cattedrale nel deserto, un mastodonte di vetro e acciaio che si impone sull’orizzonte cittadino senza alcun rispetto per il contesto urbano e storico di Torino.
I costi di costruzione sono lievitati nel tempo e oggi la struttura viene utilizzata solo parzialmente. L’ennesima dimostrazione di come una visione poco lungimirante possa produrre non solo “eco-mostri” architettonici, ma anche voragini nei bilanci pubblici.
Il grattacielo Intesa San Paolo:
l’alieno che domina Torino
Non si può parlare di “eco-mostri” senza menzionare il grattacielo di Intesa San Paolo, progettato dall’archistar Renzo Piano. Alto 166 metri, questo colosso domina lo skyline di Torino come un alieno atterrato dal nulla. Mentre la città storica si sviluppa a misura d’uomo, con edifici che raramente superano i sei piani, questo grattacielo incombe su tutto e tutti, senza alcun rispetto per l’equilibrio della skyline. Per di più, la sua pretesa di essere un edificio “green” appare un controsenso, visto che la sua mole gigantesca e il suo impatto visivo lo rendono una presenza ingombrante e invasiva.
Il Nuovo Grattacielo Newcleo:
un’altra invasione nel paesaggio
Come se il grattacielo di Intesa San Paolo non fosse già abbastanza, all’orizzonte si profila un nuovo mostro di vetro e cemento: il progetto del grattacielo che ospiterà la società Newcleo di Stefano Buono, insieme ad alcune attività del Politecnico di Torino e della società di venture capital Lift. Questo nuovo edificio sorgerà vicino al già imponente grattacielo di Intesa San Paolo, moltiplicando l’effetto di alienazione sullo skyline torinese.
Si parla di tecnologie avanzate, innovazione e progresso, ma come sempre la sostenibilità di tali progetti si ferma alla facciata. Un altro colosso che aggiunge altezza, ma non identità, un gigante che soffoca il paesaggio urbano già compromesso, ignorando le vere esigenze della città e dei suoi cittadini. Di fronte a questi mastodonti, il delicato equilibrio tra antico e moderno, che dovrebbe essere al centro di qualsiasi sviluppo urbano, viene completamente stravolto.
Il Villaggio Olimpico:
una ferita aperta nel cuore di Torino
Un altro eco-mostro che pesa sul tessuto urbano di Torino è il Villaggio Olimpico, costruito per ospitare gli atleti durante le Olimpiadi Invernali del 2006. Questo complesso, che avrebbe dovuto diventare un esempio di rigenerazione urbana, si è trasformato invece in una zona degradata, abbandonata e occupata. Gli edifici, progettati con linee moderne, sono caduti rapidamente in rovina e oggi rappresentano un emblema di spreco di risorse pubbliche e di cattiva gestione del patrimonio edilizio.
Anziché essere un quartiere vivo e riqualificato, il Villaggio Olimpico è diventato una terra di nessuno, simbolo di promesse non mantenute e della totale assenza di una visione a lungo termine per la città.
La Torre della Cittadella Giudiziaria:
freddo monolite senza carattere
Un altro esempio di architettura dissonante e alienante è la Torre della Cittadella Giudiziaria, un edificio che svetta in una zona già sovraccarica di costruzioni in cemento. L’intento era di creare un simbolo di modernità per ospitare gli uffici giudiziari, ma il risultato è una torre senza carattere, squadrata e grigia, che nulla ha a che vedere con la bellezza storica di Torino. La struttura non solo manca di dialogo con l’ambiente circostante, ma contribuisce a rendere la zona un insieme di edifici anonimi, privi di personalità e di attrattiva.
Altri Mostri Urbani:
tra cementificazione e degrado
Oltre ai già citati, Torino è piena di altri esempi di cattiva architettura e pianificazione. Il Centro Direzionale Lingotto, un complesso che avrebbe dovuto trasformare la zona in un quartiere moderno e vivo, appare oggi come un agglomerato di edifici poco armoniosi, con scarse aree verdi e una cementificazione che rende l’area soffocante e invivibile. Lo stesso vale per il Parco Dora, che da area industriale dismessa è stato trasformato in un parco pubblico solo in parte riuscito, circondato da edifici residenziali anonimi e dall’aria grigia, che perpetuano l’idea di una città bloccata tra passato e futuro, senza una chiara identità.
L’Ecologia Tradita
Il paradosso di questi “eco-mostri” è che molti di loro sono stati concepiti con l’intenzione di essere “sostenibili” o “green”. Tuttavia, l’ecologia non si misura solo con l’isolamento termico o i pannelli solari, ma anche con l’impatto che un edificio ha sul paesaggio, sulla qualità della vita e sull’armonia di una città. Questi edifici non rispettano nessuno di questi criteri. Anzi, contribuiscono a un modello di sviluppo urbano che privilegia la speculazione e l’appariscenza rispetto alla sostenibilità reale e al benessere dei cittadini.
Conclusione:
Un’urgenza di cambiamento
Torino non merita di essere soffocata sotto il peso di questi eco-mostri, costruzioni che sembrano ignorare l’anima profonda della città. Torino ha una storia millenaria, una bellezza ereditata da secoli di architettura armoniosa, dalle piazze barocche agli eleganti portici. È una città che incarna equilibrio e tradizione, eppure negli ultimi decenni si è vista deturpare da grattacieli e complessi architettonici alieni, senza alcun rispetto per il contesto storico e paesaggistico. Queste opere non fanno che frammentare un tessuto urbano già segnato.
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