PROF, NON GUARDI LÌ

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Le recenti polemiche studentesche – in Francia e in Italia – sull’uso della minigonna a scuola sono spunto per qualche riflessione socio-politica e di costume.

Parlando di abbigliamento individuale, spesso usiamo l’inglese outfit: fa moda; fa chic. Sarebbe meglio, invece, adottare l’altra locuzione inglese, più appropriata: dress of code. Secondo l’Oxford Languages, questa definizione si riferisce al “complesso di regole (scritte o il più delle volte tacite) che definisce l’abbigliamento appropriato per una determinata occasione o per un determinato luogo”: chiesa, teatro, trasporti, ristorante, ambulatorio medico; colloquio di lavoro, ufficio; scuola…

«Se parliamo di moda e di come vestirsi a scuola, oggi c’è poco decoro e molta sfacciataggine tra le adolescenti» dichiara all’Agenzia giornalistica Italia la docente di storia del costume e della moda Silvia Vacirca parlando del caso minigonne nato al liceo Socrate di Roma, dove la vicepreside avrebbe invitato le studentesse a non attirare gli sguardi dei docenti uomini indossando gonne troppo corte. Fatto che ha scatenato reazioni e polemiche fra gli studenti, sui social e sulla stampa. «C’è un grande uso degli short e delle minigonne. Le ragazzine appaiono spesso tutte uguali. È auspicabile – afferma Vacirca – la presenza di un regolamento interno, un dress code che decida come a scuola ci debba essere un limite».

Il ministero dell’Istruzione – ecco il coté politico – tramite l’Ufficio scolastico regionale del Lazio ha chiesto un approfondimento sulla vicenda. Intervento che a sua volta ha suscitato polemiche e commenti controversi.

Di abbigliamento nelle scuole se n’è occupato quest’estate persino il parlamento italiano. L’onorevole Elena Centemero sulla questione ha presentato un’interrogazione alla ministra dell’Istruzione Azzolina: la deputata ha chiesto di adottare a livello nazionale un codice di comportamento per tutte le scuole o di tornare alla divisa perché “i concetti di consono e decoroso non attengono alla sfera interpretativa dei singoli ma all’ambiente sociale e al luogo cui si riferisce”. Alcune scuole già adottano regolamenti e circolari che prevedono sanzioni e in alcuni a casi persino la non ammissione a scuola. Di fatto, però, una normativa nazionale che regolamenti l’abbigliamento da adottare non c’è; il compito di regolamentare la questione viene lasciato all’autonomia di ogni singolo istituto.

In Francia recentemente studenti e studentesse di alcune scuole hanno preso posizione contestando decisamente l’imposizione di un abbigliamento corretto da gran parte dei regolamenti degli istituti scolastici; secondo loro sarebbe un atteggiamento sessista. Rispondendo alla protesta, il ministro dell’Educazione Jean-Michel Blanquer, ha fatto appello a «una posizione di equilibrio e buon senso: basta vestirsi normalmente e tutto andrà bene».

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