ALBERI: DIAMOGLI SPAZIO!

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Chiunque si trovi a piantare o ad accudire un albero dovrebbe sapere che tale gesto o tale ruolo comporta precise responsabilità, alla stessa stregua di chi si trova ad adottare e allevare un cucciolo: purtroppo, questa semplice massima non pare essere molto chiara neppure ai tecnici o ai cosiddetti “esperti” incaricati di decidere quali alberi piantare lungo i viali di una cittadina o nel giardino di un nuovo complesso residenziale. Succede allora che si mettano a dimora cedri del Libano, meravigliosi alberi che possono diventare alti quanto un palazzo di dieci piani (e ampi in proporzione), in giardini condominiali larghi come un fazzoletto, per poi trovarsi a praticare potature selvagge e in molti casi orrende capitozzature (tecnica di taglio molto drastica che prevede la recisione dei rami appena sopra il punto di intersezione con il tronco), perché l’albero “dà fastidio”, disturba con le sue radici (mediamente tre volte più estese della chioma, tanto per dare un’idea), entra in casa con i rami, si estende fuori dalle cancellate verso la strada. Presto, presto, diamoci un taglio, e pazienza se la pianta muore: un fastidio in meno, con tutti quegli aghi o quelle foglie secche non se ne poteva già più! E poi adesso che è grande fa anche troppa ombra: pensare che quando l’abbiamo piantata era così graziosa e piccolina! Ragionamenti del genere andrebbero condannati per legge: se si pensa poi che interventi sbagliati, come ci viene molto chiaramente spiegato sul sito della SIA – Società Italiana di Arboricoltura Onlus al link Cinque buone ragioni per smettere di capitozzare gli alberi, possono ottenere anche l’effetto diametralmente opposto a quello voluto, si capisce come valga la pena di informarsi meglio prima di “maltrattare” e “massacrare” gli alberi di un giardino, un parco, un viale, che lo facciamo da proprietari privati o da amministratori pubblici poco cambia. Un povero albero capitozzato, infatti, aumenta il proprio tasso di crescita per compensare il gravissimo danno subito, e così farà fino a quando avrà raggiunto nuovamente la dimensione precedente al taglio, con uguale chioma e ingombro ma un aspetto e portamento irrimediabilmente deturpato: a meno che, è ovvio, il taglio non sia stato talmente drastico da uccidere l’albero… Diversamente, la drastica potatura andrà fatta e rifatta, praticamente ogni anno, in quanto da ogni branca tagliata spunteranno ogni volta sempre più numerosi germogli impossibili da contenere se non tagliando continuamente, con quanto ne consegue anche in termini di spesa: non è meglio allora prestare attenzione all’origine, quando si sceglie la pianta da mettere a dimora, e in ogni caso procedere con potature corrette, che rispettino il portamento della pianta ridimensionandola in modo meno drastico ma più efficace e duraturo? Intelligenza e buon senso vorrebbero così, e pure il senso estetico: la vista dei moncherini di un albero capitozzato – e quanti ne incontriamo se ci impegniamo a prestare appena un minimo di attenzione al problema! – non può che far male all’animo della persona appena sensibile, in quanto trasmette senza alcun dubbio una triste sensazione di sofferenza e di mancanza. Citando dal testo della SIA:  “la naturale bellezza della chioma di un albero dipende dall’ininterrotto assottigliarsi, dal tronco fino ai rametti più fini e delicati, e dal regolare dividersi di branche e rami…”, amputare per sempre tale bellezza è un delitto cui non si potrà più porre rimedio. Ma non è finita qui: la capitozza tura e le potature violente rendono l’albero pericoloso, in quanto lo espongono fortemente a tutta una serie di attacchi e comportamenti negativi: dai tagli penetrano gli organismi cariogeni, che scavano il tronco dall’interno; l’albero non si nutre più attraverso la chioma, la struttura si indebolisce e le radici marciscono; i nuovi rami, non supportati da una adeguata struttura, sono molto facili a spezzarsi per il vento e la neve; la nuova chioma è compatta e poco permeabile al vento, quindi più esposta a schianti. Infine, vi è un aspetto che potremmo definire “umano” o “emotivo”: la vista di un albero malamente capitozzato fa male al cuore e offende la sensibilità dello spettatore consapevole, che ne ricaverà una pessima impressione nei confronti di chiunque l’abbia operata, sia esso un privato o un condominio che strazia gli alberi del proprio giardino, o peggio ancora un’amministrazione comunale che dopo aver piantumato alberi inadatti lungo le proprie strade e viali li riduce a orrende sfilate di moncherini per azzerarne l’impatto rispetto alla viabilità stradale, quasi si trattasse di palerie inerti e non di esseri viventi meritevoli di rispetto.

 

Milena Ortalda è consulente culturale e autrice del volume “Il futuro negli alberi” (BluEdizioni)

http://www.ilfuturoneglialberi.it/

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