PAROLE A RISCHIO

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Sono 3.200 le parole della nostra lingua a rischio di scomparsa. Malgrado la scolarità diffusa (secondo l’Istat, nel 2017 il 60,9% degli italiani ha almeno un diploma) per comunicare i ragazzi, per esempio, ne usano solo un centinaio circa. La conseguenza? Dannosa; secondo gli specialisti, difficoltà a capire e a esprimersi, impoverimento del pensiero e del ragionamento. In una parola, della propria personalità.

Un lodevole tentativo di osteggiare questo fenomeno negativo è promosso dall’editore Zanichelli, che porta in giro in varie città una grande installazione con schermo tattile dove a rotazione appariranno «3.200 lemmi da salvare»: sostantivi aggettivi avverbi del nostro lessico a rischio di estinzione. Di più: nella edizione 2020 del vocabolario Zingarelli queste parole saranno contraddistinte da un fiorellino, un simbolo grafico il cui compito è un invito a non trascurarne l’uso. Per aiutarvi a comprendere l’importanza dell’allarme avanzato dai linguisti, proponiamo un test:  verificate quali delle parole che seguono usate normalmente, incolonnatele su un foglio e scrivetene accanto il significato, che controllerete con l’aiuto di un vocabolario cartaceo oppure on-line. Alcune delle voci da salvare: botolo, foriero, levitare, naiade, zampillo, impavido, salamelecchi, onnivoro, circuire, abbindolare, recalcitrante, impetuoso, sciatto, pusillanime, irretire, puerile, retrogrado, loquace, affabile, feretro, cadùco, infante, desueto, probo, corrente … tutte parole a rischio di estinzione. Come quella che ci ha lasciato ormai da tempo: grazie.

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