MESTIERI CHE FURONO

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La nostra rubrica dedicata alle parole per una volta fa eccezione: parlerà anche di “mestieri”. Lo spunto viene da un delicato piacevole scritto di Vivian Lamarque, apprezzata poetessa, scrittrice e traduttrice italiana da lei pubblicato recentemente nella rubrica Gentilmente del Corriere della Sera. Ora, per non discostarci troppo dal nostro filone tradizionale, cominciamo col dire che la parola “mestiere”, attività prevalentemente manuale che si apprende per lo più con il tirocinio e la pratica – talvolta contrapposta ad arte o a professione – conserva già dall’etimologia latina (ministerium) il significato di minor ‘meno, minore’; una classifica storico-sociale che fissa la differenza tra lavoro manuale e attività intellettuale. Veniamo però ai mestieri ricordati dalla Lamarque. Sono due, e ovviamente non esclusivi del capoluogo lombardo: il moleta l’arrotino (leggi: mulèta) e l’ombrelée l’ombrellaio. Entrambi testimonianze del secolo passato quando per strada, seduto sulla cassetta di legno affiancata alla sedia impagliata, costui riparava gli ombrelli, e su carretti di legno a una unica ruota e “tolla” dell’acqua l’arrotino affilava forbici e coltelli da cucina. Entrambi questi mestieri erano preceduti dal grido: «Donne, donne! è arrivato l’arrotino, l’ombrellaio!».

Aggiungerei a questi un terzo mestiere, anch’esso preceduto dal grido donne, donne! E come i precedenti ormai relegato nella memoria: il magnàno, lo stagnino che riparava pentole padelle e paioli. Ricordo che «Donne donne, g’hè chì el Magnano / Che’l gh’ha voeuja de lavorà / E se gh’avì quajcoss de fà giustà / Tosann gh’è chì el magnan ch’el g’ha voja de lavouràa…»* è l’incipit di una allegra goliardica canzone di successo de I Gufi, gruppo musicale dialettale milanese protagonista. dei cabaret televisivi nei secondi Anni’60. Quando per noi italiani incominciava il così detto ‘miracolo economico’ che si sarebbe realizzato compiutamente nel decennio successivo. Declinavano questi mestieri. Nasceva la nostalgia dello strillo: «Donne, donne!…».

* Donne, donne, c’è qui il magnano / che ha voglia di lavorare / E se avete qualche cosa da far aggiustare /Ragazze c’è qui il magnano che ha voglia di lavorare…

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